Nella pagina dedicata a La malattia come esperienza racconto come una diagnosi di malattia grave induca ad iniziare un viaggio dell’eroe, un percorso di gestione delle esperienze difficili che porta cambiamenti profondi. Attraversiamo delle tappe, identificabili con figure di archetipi. Riuscire a percorrere tutto il viaggio aumenta la consapevolezza e porta alla felicità, quella duratura. Ci sono tappe in cui sostiamo di più, altre che vengono percorse velocemente, e qualcuno talvolta rimane bloccato e non riesce ad andare avanti.
Ciò che oggi, qui, voglio raccontare è come la tappa del viaggio che stiamo percorrendo influenza anche su come ci rapportiamo con i terapeuti, oltre che con la malattia e con le persone che abbiamo vicino.
Il paziente che incarna l’archetipo dell’Innocente nega la sua malattia, non la vuole riconoscere, tantomeno accettare. È passivo, non partecipa alla terapia e aspetta solo che la tempesta passi.
L’Orfano, come l’Innocente, è un paziente passivo, ma la passività dell’Innocente si limitava a una non partecipazione, mentre la passività dell’Orfano è un totale abbandono a un dolore intenso che genera realmente danno.
Il Martire è privo, o quantomeno carente, di autostima e ritiene di non meritare amore per ciò che è, ma per ciò che fa. Raramente esprime sintomi, problemi o effetti collaterali. Non vuole disturbare, e non si sente abbastanza importante da richiamare l’attenzione su di sé.
Il paziente Viandante prova tutte le possibili terapie o trattamenti, segue tutte le diete, percorre tutte le strade. Il problema è che vive tutto come un’alternativa. Molto raramente integra. Si fida solo per poco tempo, poi cambia terapeuta e terapia.
Il paziente Guerriero è un combattente. La malattia non lo spaventa, la combatte accanitamente. Sopporta stoicamente ogni problema, ogni effetto indesiderato: iniziando la chemioterapia in giugno, programma comunque le vacanze per il mese di agosto, e non si tratta di un soggiorno in località termale, ma un viaggio nella steppa della Mongolia. Se è convinto che gli sia stata prescritta la terapia più potente, partecipa attivamente.
Il paziente Mago è consapevole, partecipativo, attivo. L’empowerment non gli manca, l’aderenza terapeutica nemmeno e, se non ha compreso o non ricorda posologie, durata e tempi di assunzione dei farmaci, fa domande precise. Anche la compliance è buona, ma deve essere davvero convinto, conoscere i motivi, fidarsi del medico.
Se vuoi saperne di più, leggi i post alla pagina La malattia come esperienza, o i miei libri Quattro passi in galleria e L’eroe e il paziente.