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4 Passi in galleria

Compassione

Compassione - Dottore, mi ascolti!

Tutti meritano compassione, ma alcuni più di altri.

Compassione: un vocabolo complesso, con tanti significati.

Letteralmente compassione significa “soffrire con”, quindi ha un significato analogo e complementare all’empatia. In filosofia significa comprendere la sofferenza altrui e desiderare alleviarla. Per il buddismo è legato al concetto di legame esistente tra tutte le creature e comprende il desiderio attivo del bene verso ogni essere.

Nel linguaggio comune di oggi la compassione contiene anche il disprezzo.

Chi merita compassione? Il malato che soffre?

Sì, se intendiamo comprendere il suo dolore, cercare di alleviarlo, desiderare il bene.

No, invece, se intendiamo quella compassione di chi si sente superiore e prova pietà e disprezzo. Questo tipo di compassione è tutta dedicata a coloro che rifiutano le diversità della malattia, coloro che, ancora, dicono che in azienda non si deve parlare di certi argomenti, chi condanna il malato che racconta il suo male e il suo dolore.

Sono costoro quelli che meritano pietà, e una punta di disprezzo: come chi scrive insulti alla concorrente di Miss Italia con la protesi.

È il terrore quello che muove le loro mani e la loro bocca. La paura del malato e del diverso mentre, per contrapposizione, si inneggia al bullo o al personaggio di apparente successo, nasce principalmente dal non sapersi guardare dentro, dal detestare se stessi, dal sapersi incapace di far fronte alle difficoltà della vita.

C’è una feroce cattiveria dilagante. Abbiate pietà per gli odiatori e seguite l’ironico esempio di Bebe Vio e Cattelan nella bellissima pubblicità di qualche tempo fa: Dona un neurone a un hater