Scarseggia, invece, quel tessuto familiare e sociale che un tempo consentiva una gestione dei bambini e degli anziani fatta da più persone. Oggi il caregiver è spesso solo, con un carico non indifferente.
Il paziente è anziano, ha parecchi problemi, poca pazienza, si affida, ma non sempre. E, talvolta, per il caregiver scatta l’incubo, il delirio.
Poli-patologia e poli-terapia. Ci sono più di una patologia che richiede attenzione, e più di 7 farmaci da prendere, ogni giorno, ciascuno con orari e modalità.
Per i farmaci in qualche modo di risolve: un bello schemino giornaliero e parecchia memoria. Il tutto incrociando le dita che non ci siano interazioni tra i farmaci, perché ogni specialista ha prescritto i suoi, e nessuno ha controllato le prescrizioni degli altri.
Per le patologie la faccenda è un po’ più complicata.
Ogni specialista guarda il suo pezzo, ognuno prescrive esami e per ognuno bisogna organizzare visite 1-2 volte all’anno.
Bisogna incastrare tutto. Anche perché il paziente, se le visite sono troppo vicine o se gli esami sono troppi, punta i piedi e si rifiuta. Perché sembra passivo, accondiscendente, ma quando si impunta non lo smuove nessuno. Incastrare visite ed esami è un puzzle complicato!
Non sono neanche da sottovalutare le difficoltà con i medici o quelle del fare alcuni esami. Perché lui, uomo anziano e con problemi di salute, non sopporta proprio che il medico lo snobbi e per alcuni esami parte l’ansia, non respira, non sta fermo.
Entri anche lei, signora, per tenerlo calmo, altrimenti non riusciamo a fare l’esame.
È una frase che ho sentito un’infinità di volte.
Ed eccoci all’ennesima visita medica. Il medico, un specialista, è inquisitorio e lui, che non di rado fa quello che vuole, mente spudoratamente, solo per tacitare il medico. Che però insiste, e si rivolge a me, colpevolizzandomi: deve fare il controllo ogni sei mesi, e gli esami. I suoi problemi sono seri! Ha gli esami precedenti? (fortunatamente sì, nei quintali di carta che abbiamo, tra i miei e i suoi, ho preso su gli esami giusti!)
Scrive ricette, prescrive esami, ma non dice nulla. La diagnosi è sempre la stessa, ma non dice se è migliorato, peggiorato o stabile. Scrive, senza spiegare, e scrive nella sua grafia da medico, incomprensibile. Prescrive più di un esame nella stessa ricetta.
Usciamo. Il paziente incavolato, io colpevolizzata, una mazzetta di incomprensibili ricette rosse (quelle che non si possono prenotare on line), e null’altro.
Mi lancio al telefono. Sono tutti gentili al call center, ma alcune ricette sono incomprensibili, e quindi non prenotabili. Bisogna andare dal medico di base a chiedere spiegazioni. Le ricette con due esami vanno rifatte perché non ci sono posti dove fare entrambe gli esami, e la ricetta va usata solo una volta. Mi creo un calendario dove, tra i miei e i suoi esami, abbiamo impegni tutto l’anno.
E poi gli esami sono… dove capita.
Chiedo Milano perché non ho la macchina, ma Milano è grande.
Presa dai sensi di colpa, e dalle istigazioni dei medici, accetto anche prenotazioni lontane, tranne quando mi propongono Cassano D’Adda!
Così ogni visita e ogni esame richiede mezza giornata, talvolta ripetuta perché non c’è il servizio di ritiro on line dei referti.
Prenotare, fare gli esami, andare alle visite, dare supporto psicologico al paziente, gestire le proprie ansie, timori, sensi di colpa… quella del caregiver è un’attività quasi a tempo pieno.