Il termine mentore è oggi poco usato e il suo profondo significato si è un po’ perso: merita recuperarlo. Il mentore è sicuramente un saggio, ma il suo ruolo non è quello di un capo, o di un genitore. Il mentore non è gerarchicamente superiore: consiglia e guida, insegna anche ma il suo modo di insegnare viene guidato dal modo di imparare della persona che sta aiutando. C’è un vero scambio reciproco.
La mitologia, così come le favole, i libri o i film che hanno come traccia il viaggio dell’eroe contengono sempre un mentore, a partire da Mentore, il più antico, la persona a cui Ulisse, nell’Odissea, affidò il figlio Telemaco quando partì per la guerra di Troia. Il termine mentore nasce da lì.
Anche Luke Skywalker trova i suoi mentori, prima in Obi Wan Kenobi e successivamente in Yoda.
Il mentore si trova.
La domanda è se il mentore vada cercato. Credetemi, non è una domanda facile a cui dare risposta.
Durante i nostri viaggi dell’eroe la ricerca è quella di se stessi: abbandonare, anche per un istante, la ricerca per dedicarsi a cercare un mentore non mi sembra la scelta ottimale. D’altra parte ciascuno di noi ha bisogno di ispirazione, di consigli, di figure di riferimento, persino, a volte, di copiare le qualità che desideriamo coltivare da qualcuno che le manifesta al massimo grado.
E allora?
Forse la risposta è proprio in quelle definizioni della tappe del viaggio dell’eroe: il mentore non si cerca, si trova. Il percorso infatti parla di trovare un mentore.
Il mentore si trova al momento giusto, per quelle strane sincronie e coincidenze che si verificano quando siamo sulla nostra personale strada da percorrere in quel preciso momento.
Quando il viaggio inizia con la diagnosi il mentore diventa particolarmente importante. Abbiamo bisogno di porre la nostra fiducia in qualcuno, di avere una guida in quell’intricato mondo che ci troviamo ad affrontare. Ci sono, però, anche dei rischi, e la possibilità di trovare falsi mentori (praticamente abbandonare Yoda e rivolgersi a Dart Fener).
Cautela, dunque!