La malattia, l’operazione, la chemioterapia: non sono cose facili da accettare e affrontare. Eppure, quasi paradossalmente, le cose più difficili sono i piccolissimi cambiamenti.
La malattia impone di cambiare vita: cambiano i ritmi, il modo di vedere le cose, le aspettative quotidiane. Certo, c’è un momento in cui si spera che non sia vero, poi il rifiuto, e poi la ribellione, fino ad accettare che molte grandi cose della propria vita assumano tempi e prospettive diverse.
Eppure non è su questo che sto trovando le maggiori difficoltà.
Il fatto è che noi umani siamo terribilmente abitudinari e su moltissime cose, comportamenti, elementi quotidiani, inseriamo normalmente il pilota automatico. Così finisce che i piccoli cambiamenti sono più difficili di quelli grandi: difficili da realizzare e difficili da accettare.
Cambiare posizione per dormire, accettare che dopo un’ora al computer si è stanchi mentalmente e fa male fisicamente la cicatrice, non poter mangiare cose che non hanno mai dato fastidio, ma ora sì, eliminare o cambiare tante piccole abitudini, stravolgere la routine quotidiana. Ciò che era normale non lo è più, ciò che era automatico va pensato, ragionato. Così il cambiamento è quotidiano, e la malattia sempre presente.
E non si tratta di creare nuove routine perché, prima o poi, alcune cose potranno ritornare ad essere normali. Così nelle prime settimane dopo l’operazione tutto era una conquista, persino vestirsi da soli o lavarsi in totale autonomia.
Spesso è difficile. Si scoprono debolezze nuove, limiti, tristezze. Ciò che aiuta è l’ironia, e il costante riconoscimento di tante piccole scoperte e tantissimi piccoli ringraziamenti quotidiani. Sì, si cambia prospettiva.