Forse non serviva una pandemia: bastava il buon senso, e purtroppo per qualcuno non è bastata neanche la pandemia. Per la cura, la tutela della salute, il benessere, serve la cooperazione.
- Serve il farmacista, in prima linea, a prestare ascolto e dare consigli.
- Serve, è assolutamente indispensabile, il medico di base che, però, faccia davvero il medico di famiglia.
- Serve che il paziente sia attento, responsabile, partecipe.
- Serve che lo specialista dialoghi con gli altri componenti del team
- Serve personale paramedico preparato e motivato.
L’esperienza della pandemia ha reso assolutamente evidente tutto ciò e, purtroppo, ha anche messo in luce i tanti errori fatti negli anni passati.
Ora, e ancor più per il futuro, possiamo scegliere tra cercare colpe e colpevoli o darci da fare per un futuro migliore.
Nel primo caso potremo, forse, scaricare un po’ di tensione e rabbia scagliandoci contro qualcuno, ma non risolviamo nulla. E poi, ragioniamo. Forse per qualche piccola o grande cosa possiamo davvero identificare un colpevole, un singolo responsabile, persona o partito, ma se guardiamo al di là del particolare le responsabilità sono estremamente diffuse. L’inutilità della medicina territoriale e la scelta verso iper-specialità o eccellenze, magari nel privato, facevano parte di un generico e generalizzato modo di pensare, di una visione del mondo, di luoghi comuni che ci permettevano anche di sentirci un Paese altamente industrializzato e civilizzato, pensando che la medicina di base fosse quel minimo indispensabile di chi non poteva permettersi di meglio.
Forse la dura lezione è servita. O forse no.