Le conoscenze, in medicina, sono molte, molto ampie e variegate. Tanti organi, tante patologie, tanti possibili terapie e supporti terapeutici.
Ben vengano gli specialisti, ultra competenti e sempre aggiornatissimi.
Però…
A mio avviso il però è enorme.
E lo dico a ragion veduta.
Io sono paziente oncologico in remissione. Accetto le tante visite ed esami, e il mio medico di riferimento è il mio oncologo.
Mio marito ha parecchi anni più di me. non ha patologie particolarmente gravi, ma ha diverse patologie. I medici che “lo seguono” sono tre: geriatra, oculista ed endocrinologo. I farmaci giornalieri sono 10, più varie ed eventuali.
- Il medico di base riceve su appuntamento, un paio di settimane dopo che lo richiedi, non risponde al telefono e si limita a trascrivere, quando necessario, ricette ed esami.
Ogni medico chiede esami e prescrive. Nessuno guarda, o considera, l’insieme: il paziente.
La visita più recente è stata dall’endocrinologo, che ha aggiunto un paio di farmaci alla lista.
Mi sono avventurata a chiedere se dovevo prestare attenzione a qualcosa, effetto indesiderato o interazione tra farmaci: la politerapia ha sempre qualche rischio.
Ho anche osato chiedere una relazione sullo stato endocrinologico di mio marito da consegnare al geriatra al prissimo controllo. Mi ha guardato malissimo. Poi si è reso conto che ero sul piede di guerra e ha scritto la relazione precisando, però, che era abbastanza inutile: il geriatra fa il geriatra e l’endocrinologo fa l’endocrinologo! Testuali parole.
Il paziente è più o meno un insieme di pezzi che, secondo alcuni specialisti, sarebbe meglio che non fossero in relazione tra loro.
Con un sospiro un po’ angosciato penso a Patch Adams: se curi una malattia puoi vincere o perdere, ma se curi una persona vinci sempre.