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Perché comunichiamo in maniera incomprensibile per gli altri?

Perché comunichiamo in maniera incomprensibile per gli altri? - Dottore, mi ascolti!

Spesso siamo convinti di esserci espressi chiaramente, ma non veniamo compresi. Perché?

I motivi delle incomprensioni sono davvero tanti, ed è indubbio che tra questi ci sia una preponderante carenza di ascolto: è uno dei peggiori mali che affligge il nostro tempo.

Ma il problema non è solo questo e sarebbe davvero disdicevole pensare che quando non veniamo compresi la responsabilità sia tutta in coloro che ascolta, o dovrebbe farlo, e non nel nostro modo di comunicare.

Spesso, troppo spesso, comunichiamo davvero in maniera incomprensibile. Le cause sono tante, ma oggi voglio raccontarvi una della cause più frequenti e più facili da correggere. E lo faccio con un esempio tratto dalla realtà.

Nella prestigiosa clinica privata dove faccio radioterapia oggi è apparso un cartello, appeso dietro la porta dello spogliatoio: “Giovedì 26 marzo l’acceleratore A è in manutenzione. Ci scusiamo per il disagio.”

Intuisco che, probabilmente, l’acceleratore A è quello con cui mi fanno la radioterapia, e mi chiedo quanti sanno che la radioterapia si fa con un apparecchio chiamato acceleratore. Però continua a sfuggirmi il senso del cartello, che può voler dire diverse cose (ammesso che la mia intuizione sia corretta)

Prima ipotesi: cambiano gli orari delle terapie

Seconda ipotesi: faremo radioterapia con l’acceleratore B (se esiste)

Terza ipotesi: quel giorno non si fa radioterapia

Quarta ipotesi: dovremo arrivare forniti di cacciavite e altri strumenti per assistere i tecnici che fanno manutenzione …

Smetto di elaborare ipotesi cretine, e chiedo chiarimenti. Mi rispondono, un po’ seccati, che una volta al mese fermano la macchina per manutenzione e quel giorno non si fa radioterapia (la mia terza ipotesi era corretta!)

Però mi sorge un altro problema, ricco di possibili risposte.

    1. Sono io la sola che non ha capito il cartello, ergo sono più stupida degli altri
    2. Tanti hanno chiesto spiegazioni. Ma allora cosa cavolo aspettano a rendere il cartello più comprensibile?
    3. Pochissimi hanno letto il cartello, essendo posizionato sul retro della porta di uno stanzino di 1 metro per 1 metro (scarso) e, per vederlo, bisogna chiudere la porta e girarsi …

Temo che pochissimi abbiano letto il cartello, e mi chiedo (sono un po’ rompiballe …) se giovedì mattina la sala d’attesa sarà piena di gente o se domani avvertiranno tutti, in maniera comprensibile, di non presentarsi il giorno successivo …

Questi i fatti, che come vi ho anticipato sono reali. Ma dove si è creato il problema?

Tecnicamente possiamo dire che il motivo della scarsa comprensibilità della comunicazione nasce dal fatto che il cartello è stato scritto usando un linguaggio superficiale, cioè un linguaggio che non entra nei particolari (superficiale significa che rimane in superficie, concetto da contrapporre al linguaggio profondo che racconta i dettagli. Ma attenzione: non c’è alcuna valutazione di merito!)

Questa potrebbe essere una spiegazione, ma è tutt’altro che convincente. Ci sono moltissime comunicazioni che sono chiarissime e pienamente comprensibili pur essendo fatte con linguaggio superficiale, e talvolta sono chiare proprio perché sono fatte con linguaggio superficiale.

Ipotizzate che il cartello riportasse invece la scritta “giovedì 26 marzo la radioterapia è sospesa per manutenzione dell’acceleratore. Riprenderà normalmente venerdì 27 marzo. Ci scusiamo per il disagio.”

Che ne dite? È sempre scritta in linguaggio superficiale, sintetica, ma è pienamente comprensibile.

Qual è la concreta differenza tra i due?

Il secondo cartello, quello suggerito, è scritto pensando a chi lo leggerà, mettendosi nei panni dell’utente e considerando sia cosa gli serve sapere sia quali informazioni sono già, sicuramente, in suo possesso.

Il primo cartello, quello reale, è stato scritto pensando a cosa si vuole dire, ma senza alcun tentativo di mettersi nei panni di chi legge.

Questo tipo di comunicazione è purtroppo estremamente frequente: molti sono accanitamente interessati solo a quello che vogliono dire. Basti pensare a quante volte cominciamo, nei nostri pensieri, a formulare le risposte prima che l’altro abbia finito di parlare!

Quante volte, fornendo una spiegazione, vi siete chiesti o avete chiesto cosa l’altro sa dell’argomento? O cosa gli serve davvero sapere?