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Un team tutto per me

Sballottati da uno all’altro

Sballottati da uno all’altro - Dottore, mi ascolti!

Il paziente e il bisogno di fiducia

Studiando programmazione neurolinguistica ci si imbatte nei metaprogrammi, abitudini comportamentali con cui affrontiamo il mondo (sono molto altro, ma non desidero, ora, fare una lezione di PNL).

Tra i metaprogrammi ce n’è uno: referente interno o referente esterno

Il metaprogramma referente interno o esterno esprime la modalità con cui si prendono decisioni: vale quello che penso io (interno) o mi serve il parere di qualcuno (esterno). Ovviamente ciascuno di noi ha diversi schemi mentali, e può usare sia il referente interno che esterno a seconda delle situazioni. Si può essere, ad esempio, referente interno sul lavoro ed esterno in famiglia.

Ovviamente anche in ambito salute si può avere un referente interno o un referente esterno, e quello esterno non è necessariamente il medico curante.

Ma poi le cose si complicano, e anche tanto.

Certo, se ho mal di testa posso avere un referente interno, decidere che mi fa molto male e voglio un farmaco per eliminarlo, scelgo io il farmaco, e io so se sto meglio o no.

Se ho mal di testa e ho un referente esterno posso chiedere al coniuge se devo prendere qualcosa, o andare in farmacia e farmi consigliare un farmaco, o telefonare al medico di fiducia, o andare in ambulatorio a farmi visitare.

Fin qui è abbastanza semplice.

E se ho una patologia grave, cronica, che implica diversi problemi?

E se temo di avere il covid?

In questi mesi abbiamo assistito alle peggiori situazioni che si potessero creare, che hanno evidenziato in maniera esasperata problematiche che sono comunque presenti, anche se spesso non evidenti.

Le informazioni contraddittorie che abbiamo ricevuto sulla pandemia hanno fatto sì che ciascuno prendesse decisioni sul proprio referente, situazione nata dal bisogno di fiducia, in se stessi o in altri, nel momento di pericolo e incertezza.

No, la comunicazione non è stata gestita bene!

Ma il problema non è solo il covid.

Ci siamo abituati alla medicina specialistica, dimenticando che non siamo una serie di organi separati uno dall’altro.

Ci sono milioni di pazienti in politerapia (cioè che assumo non meno di 7 prodotti con azione terapeutica ogni giorno, tra farmaci, fitoterapici, integratori…) e spesso non c’è consapevolezza delle possibili interazioni. Non solo, spesso lo specialista che prescrive per una precisa patologia non sa quali prodotti stiamo assumendo, né lo sa il medico di base e neanche il farmacista a cui chiediamo consiglio.

E forse neanche il paziente ha il quadro globale.